La translucenza nucale è un test di screening che una mamma può effettuare per valutare il rischio per il proprio bambino di essere affetto da alcune malattie. È un esame che calcola una probabilità e permette ai futuri genitori di scegliere gli esami successivi.
Translucenza nucale: cos’è, quando e perché si fa.
La translucenza nucale è un esame che si fa tra l’11a e prima della 14a settimana di gravidanza. Si tratta di un’ecografia e quindi non è invasiva. Normalmente dura 35-40 minuti, ma se il bambino non è nella giusta posizione i tempi potrebbero allungarsi.
Attraverso l’esame per la translucenza nucale viene studiato lo spessore della plica nucale, cioè l’operatore cercherà e misurerà una macchia nera dietro al collo del feto e delimitata più esternamente da una linea molto chiara, cioè dalla pelle del bambino.
Il colore nero di questa zona è dato da un liquido che si accumula fisiologicamente tra la nuca e la pelle a partire dalla 10a settimana per essere poi riassorbito dopo la 14a settimana. Infatti normalmente dopo la 14a settimana la plica nucale non si vede più ed è perciò inutile fare la translucenza nucale.
Cosa mostra la translucenza nucale.
Lo spessore della plica nucale determinato attraverso l’esame della transucenza nucale deve rientrare entro determinati parametri. Infatti esperti nel settore hanno correlato un maggiore spessore di questa macchia con una maggiore probabilità di avere un bambino portatore di anomalie cromosomiche o anche malformazioni, specialmente cardiache o scheletriche.
Anomalie cromosomiche vuol dire che il bambino ha qualcosa di non normale nel corredo cromosomico, cioè nel suo DNA. Un esempio di questo tipo di anomalie è la Sindrome di Down, in cui c’è un cromosoma in più. Le malformazioni invece non sempre hanno causa genetica, ma possono essere causate da eventi successivi come, ad esempio, cattive abitudini (fumo e alcool) e/o un’alimentazione non appropriata durante la gravidanza.
Quindi se lo spessore della plica nucale è aumentato rispetto a determinati parametri, aumenta la possibilità che il bambino possa essere affetto da condizioni come la Sindorme di Down o possa presentare uno sviluppo non corretto di alcuni organi.
Come leggere i risultati della translucenza nucale.
La translucenza nucale è un test di screening, cioè non dà effettiva conferma della presenza di una malattia ma ha come risultato una probabilità che il feto sia malato. I parametri della translucenza nucale, insieme ad altri, come età materna, fumo ecc.., vengono analizzati in maniera informatica tramite un software e viene espressa il numero di possibilità che ci sia un problema su una certa quantità di casi, ad esempio 1 su 100, 2 su 1000.
Vengono considerati test di translucenza nucale positivi, cioè indicatori di rischio, tutti quei casi in cui la percentuale di rischio superi 1:250. È positivo quindi qualsiasi caso in cui si ha una o più probabilità su 250 che il bambino presenti un’anomalia.
Un esame positivo non dà conferma assoluta che il feto è malato, ma dice alla futura mamma che c’è una o più probabilità su 250 casi che quel bambino possa essere malato.
Anche un risultato negativo non esclude in maniera assoluta la possibilità che nasca un bambino con una patologia, così come un risultato positivo non dà sicurezza certa sulla presenza della malattia.
Le scelte da fare dopo la translucenza nucale.
A seguito della translucenza nucale , la futura mamma può decidere di effettuare altri test, alcuni dei quali rendono la probabilità più precisa, altri che sono più invasivi ma che danno risultati più sicuri.
Un esame non invasivo che può effettuare una gestante è il Duo-Test che integra i risultati della translucenza nucale con un esame del sangue per valutare la concentrazione ematica di due proteine: la gonadotropina corionica e la PAPP-A (pregnancy-associated plasma protein A).
Anche fare un esame ecografico, e quindi non invasivo, per valutare lo sviluppo dell’osso nasale può essere un approfondimento utile in caso di translucenza nucale positiva. Infatti tra l’11a e la 14a settimana, in circa il 60-70% dei feti affetti dalla sindrome di Down non risulta visibile l’osso nasale.
Questi test rendono la percentuale di rischio più vicina alla realtà, ma si tratta sempre e comunque di esami che danno come risultato un valore di probabilità, non di certezza. Infatti tra i casi che presentano una percentuale al 90% di avere un figlio affetto da un’anomalia cromosomica è stato comunque riscontrato un 5% di casi falsi positivi, cioè in cui il bambino è nato sanissimo!
I test diagnostici, come amniocentesi o villocentesi, sono più invasivi e non sempre viene consigliato di effettuarli senza prima aver fatto la translucenza nucale perchè hanno un rischio di aborto che è minimo (0,5-1%) ma non trascurabile. Questi sono test che studiano il corredo cromosomico del bambino, quindi mettono in evidenza la presenza di anomalie genetiche e sono in grado di dare una conferma definitiva per condizioni come la Sindrome di Down, la trisomia 18 o altre anomalie che interessano il DNA.
Alcune malformazioni fetali però non hanno causa genetica e quindi non sono valutabili tramite gli esami genetici. Un valore di translucenza nucale elevata, anche se gli altri test sono negativi, può essere indicatore di un’anomalia di tipo strutturale che nella maggior parte dei casi, ma non in tutti, riguarda il cuore. Può essere consigliabile fare un’ecografia di 2° livello, cioè un esame ecografico svolto in strutture dedicate ed effettuato da personale altamente specializzato con una strumentazione molto sofisticata. Questo tipo di ecografia risponde a domande specifiche: in questo caso il medico andrà a studiare come si sono formati i vari organi e porrà una maggiore attenzione nella valutazione del cuore. Si effettua in genere a 16-17 e/o a 20-22 settimane.
La translucenza nucale quindi è il primo passo che una mamma può compiere per conoscere la salute del proprio bambino. Non dà un risultato decisivo, ma può aiutare medico e mamma a scegliere il percorso successivo.
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