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Francesca Barra racconta i mesi dopo l’aborto

di Federica Federico

06 Settembre 2019

Francesca Barra racconta i mesi dopo l’aborto, lo fa in un lungo post Instagram che finisce con l’essere un ritratto a tinte calde della speranza e della forza dei genitori degli angeli.

 

Il tempo passa perché la vita ha il vizio di progredire inesorabilmente mischiando al dolore le responsabilità e persino le gioie; mentre, in quel turbinio di eventi che l’esistenza è, l’amore assume su di sé tutto il compito di mantenere ogni cosa insieme.

Questo è ciò che accade a chiunque e in qualunque normalità, questa è la vita che non risparmia nessuno dal dolore.

 

Ma la perdita di un figlio in utero è un evento devastante: da una parte c’è la mamma che quella vita l’ha vissuta come parte di se stessa, dall’altra il mondo che della creatura persa non ha sentito altro che un batter d’ali. Eppure quella mamma è in lutto, piange quel fruscio perso nel vento e rincorre ciò che solo lei può vedere: il profilo di quello che era il suo bambino nell’immaginario di un futuro che le è stato negato.

 

Francesca Barra racconta i mesi dopo l’aborto

Francesca Barra racconta i mesi dopo l’aborto, lo fa in un lungo post Instagram

 

Francesca Barra racconta i mesi dopo l’aborto, in alcuni passaggi consegna al mondo la consapevolezza di un dolore che tutti dovrebbero soppesare nelle loro mani:

 

Sono stati mesi duri all’inverosimile. Mesi di attese, di esami, di controlli medici, di dolori e gioie strozzate in un lutto senza fine.

In questo tempo il mio corpo ha subito diverse ferite, non ultimo un cambio ormonale e una reazione alle cure che mi hanno molto piegata.

Dopo la perdita del bambino avevo bisogno di riprendermi psicologicamente e non ero pronta ad occuparmi dello specchio e della bilancia. Non avrei mai riconosciuto questa me stessa e non mi sarei perdonata perché niente coincideva con la percezione che avevo di me. Che non vuol dire “magrezza”, sia chiaro. Tutto era cambiato dentro e fuori: capelli, unghie, pancia, dolori alla schiena, emotività.

Un bambino non nato, non è entità. Ma un bambino che è cresciuto con te, che hai visto muoversi, respirare, a cui hai visto il cuore battere. E una pancia vuota, non è solo una pancia vuota. Ma è la tua pancia senza di lui.

Non seppellirò mai questa fase di vita – scrive ancora la giornalista -, ma camminerò a testa alta sapendo che la forza che abbiamo noi donne è infinitamente più grande dei ritocchi e della superficialità che vogliono imporre.
Forza amiche mie #atestaalta“.

 

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Sono stati mesi duri all’inverosimile. Mesi di attese, di esami, di controlli medici, di dolori e gioie strozzate in un lutto senza fine. In questo tempo il mio corpo ha subito diverse ferite, non ultimo un cambio ormonale e una reazione alle cure che mi hanno molto piegata. Dopo la perdita del bambino avevo bisogno di riprendermi psicologicamente e non ero pronta ad occuparmi dello specchio e della bilancia. Non avrei mai riconosciuto questa me stessa e non mi sarei perdonata perché niente coincideva con la percezione che avevo di me. Che non vuol dire “magrezza”, sia chiaro. Tutto era cambiato dentro e fuori: capelli, unghie, pancia, dolori alla schiena, emotività. Un bambino non nato, non è entità. Ma un bambino che è cresciuto con te, che hai visto muoversi, respirare, a cui hai visto il cuore battere. E una pancia vuota, non è solo una pancia vuota. Ma è la tua pancia senza di lui. Nel frattempo poi siamo sopravvissuti senza tata per 4 mesi, come fanno tanti genitori che hanno tutta la mia solidarietà, con i bimbi che devi preservare dalla tristezza, anzi! E che hanno diverse esigenze: orari differenti, attività da una parte all’altra della città. Abbiamo trasformato il nostro problema in un’opportunità per misurarci con una nuova sfida. Dura eh, spero irripetibile. Con il libro da finire, il lavoro da organizzare, i lavori in casa da seguire. Non seppellirò mai questa fase di vita, ma camminerò a testa alta sapendo che la forza che abbiamo noi donne è infinitamente più grande dei ritocchi e della superficialità che vogliono imporre. Forza amiche mie #atestaalta come dice @sara.ventura quando mi allena e mi sorride, sapendo che ogni piegamento racconta una mia ferita e la voglia di ricominciare. È arrivato il momento di ribellarsi e dire la verità. Basta immagini artefatte, opere chirurgiche che deformano perché alla ricerca di ideali finti. Basta spot con bibitoni miracolosi, Photoshop, chirurgia sulle ragazze così giovani! Per essere in forma ci vuole pazienza, impegno, serenità e sforzo. Le scorciatoie, da sole, non funzionano. E poi circondatevi di persone con l’anima bella.

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Francesca Barra racconta i mesi dopo l’aborto ed esorta: a testa alta.

 

Il lutto perinatale merita di essere riconosciuto da tutti, la morte di un bambino in utero deve essere riconosciuta come tale: una perdita con valore pieno per la mamma che la subisce. Troppo spesso l’aborto è declassato a dolore minore, ma un figlio ha una sua identità anche solo nel progetto della nascita che la mamma culla esattamente insieme alla vita.

 

 

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Io e Claudio stiamo vivendo uno dei momenti più dolorosi della nostra vita . Sappiamo che tanti di voi hanno fatto il tifo per noi, il nostro amore, il nostro bambino e per questo vi ringraziamo con parole sincere che provo a condividere per quel “prima o poi si scoprirà” che doveva arrivare, ed è più giusto che arrivi da noi. Perché il calore dei familiari, degli amici discreti, degli sconosciuti che però sono stati coinvolti in tante gioie- e tante fatiche- non è mai scontato o dovuto. E lo useremo come unguento in queste ore in cui stiamo facendo i conti con una perdita dolorosissima. Il nostro bimbo, tanto cercato, tanto voluto, che finalmente era dentro di me contagiandoci con gioie e progetti e con cui poi abbiamo lottato aggrappandoci alla più piccola e improbabile speranza, ha interrotto il suo cammino prematuramente lasciando un vuoto che non riusciamo a riempire con nulla. La mia pancia sembra ancora essere il luogo più sicuro per proteggerlo. Eppure lui non c’è più. 
Ho spesso creduto e condiviso con voi la sfrontata certezza che l’amore salvasse, bastasse, rendesse invulnerabili ed eroici. Che la mia forza, l’essere disposti a tutto, la forza di una madre, potesse perfino smentire la scienza e trasformarsi nel miracolo.
Oggi scopro di essere fragile, di non avere armi, di non essere stata in grado di produrre quel miracolo, di essere piccola, di non avere spiegazioni sagge perché non sempre ciò che sai, sei e senti è sufficiente per salvare chi amavi già con tutta te stessa.
Scopro che non posso compensare una perdita con altre fortune ricevute precedentemente, perché ogni progetto è un progetto unico e apporta un senso nella vita che non può essere sostituito con nessun sollievo.
E per questo , proprio per questo, ci sarà bisogno di molto tempo e di un rispettoso silenzio. Non per cancellare, ma per lasciare che questo pezzo di vita reciso e questo dolore, trovi il giusto posto nel nostro cuore e si posi, e riposi, senza l’ossessione dei milioni di perché che per ora ci inseguono pur sapendo che non otterranno mai la risposta che il nostro cuore meriterebbe.

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