Il parto in anonimato ha due protagonisti: la partoriente e il nascituro, entrambi meritevoli di rispetto, cura e attenzione. Nel contemplarlo la legge ammette che la donna può non trovarsi nelle condizioni di accogliere la propria maternità. Malgrado ciò, l’istituto del parto anonimo dà la possibilità di accedere a una piena assistenza medica col completo affidamento del neonato a personale qualificato e in assoluta privatezza.
Non è ammissibile alcun giudizio morale, se non altro perché dare alla luce un bambino partorendo in anonimo garantisce l’accesso a una nascita sicura e assistita; evita il rischio di pericolosi abbandoni; combatte il fenomeno delle nascite in condizioni di incertezza e degrado. In considerazione di tutto ciò, partorire in anonimo è una scelta che merita rispetto, mentre, come istituto giuridico, è un’opportunità che va tutelata.
Come funziona il parto in anonimato
La partoriente che opta per l’anonimato non riconosce il neonato e, dopo il parto e le eventuali cure post partum, lo lascia in ospedale (DPR 396/2000, art. 30, comma 2). Dal momento in cui la mamma sceglie di non farsi carico del neonato, lo Stato ne assicurata l’assistenza e la tutela giuridica.
Alla partoriente viene garantita la privatezza e nell’atto di nascita del bambino risulta la dicitura “nato da donna che non consente di essere nominata”.
Accesso alle informazioni sulla madre biologica, facciamo chiarezza
Un domani il figlio partorito in anonimo ha diritto ad accedere alle informazioni sulla sua mamma biologica o sui suoi genitori biologici? Questa domanda non è secondaria perché interessa anche la scelta delle donne che optano per il parto in anonimato, la possibilità di mantenere segreta la propria identità, infatti, conserva un peso importante nella decisione delle madri.
Chiariamolo subito: il diritto a rimanere una mamma segreta è garantito con forza dalla legge e prevale su ogni altra istanza e su ogni altro bisogno.
Identità della mamma: cosa stabilisce la legge in relazione alla segretezza
Nel 2001 l’Italia ha assimilato un principio già riconosciuto dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989 (art. 7) e della Convenzione de L’Aja sull’adozione internazionale del 1993 (art. 30): il diritto dell’adottato di accedere, a certe condizioni e nel rispetto di determinate procedure, alle informazioni relative all’identità dei genitori biologici (riferimento di legge: art. 28 della Legge 2001 n. 149).
Tuttavia, la segretezza dell’identità della mamma è fatta salva se il neonato non viene riconosciuto alla nascita dalla madre naturale o se anche uno solo dei genitori biologici dichiara di non volere essere nominato.
Il riferimento legislativo che garantisce ciò è il seguente: legge 2001 n. 149, art. 24 comma 7: ”L’accesso alle informazioni non è consentito se l’adottato non sia stato riconosciuto alla nascita dalla madre naturale e qualora anche uno solo dei genitori biologici abbia dichiarato di non voler essere nominato, o abbia manifestato il consenso all’adozione a condizione di rimanere anonimo”.
Dichiarazione di nascita e parto in anonimato
Approfondiamo subito cos’è la dichiarazione di nascita: essa è il documento necessario alla formalizzazione del cosiddetto atto di nascita. Solo con l’atto di nascita, che va formalizzato entro il termine massimo di 10 giorni dal parto, si acquisiscono giuridicamente nome e cittadinanza (ovvero si assume un’identità anagrafica certa).
Chi fa la dichiarazione di nascita quando la mamma vuole rimanere anonima?
Se la partoriente non vuole figurare, intendendo quindi restare nell’anonimato, la nascita viene dichiarata dal medico o dall’ostetrica che assistono al parto (Riferimento di legge: DPR 396/2000, art. 30, comma 1).
Parto in anonimato ripensamento
La legge antepone i diritto alla crescita e al sano sviluppo del bambino a quello al ripensamento della mamma. Entro i 10 giorni della formalizzazione dell’atto di nascita la donna può esercitare il suo diritto a ritornare sui propri passi. Redatto l’atto di nascita, aperta la strada alla dichiarazione di adottabilità e considerato anche che il parto in anonimato apre una procedura di adozione abbreviata, la Cassazione ha preso una una posizione chiara a riguardo del ripensamento: il riconoscimento materno dopo un parto in anonimato resta possibile fino all’affidamento preadottivo del bambino.
Di fatto dal momento in cui il neonato ottiene un ambiente sicuro si afferma la prevalenza del suo diritto a mantenere saldi i legami di riferimento e accudimento raggiunti.
Il parto in anonimo: 2 casi in pochi giorni a Milano
Il tema del parto in anonimo è tornato prepotentemente all’attenzione della cronaca perché in pochi giorni sono avvenute a Milano 2 nascite anonime: Enea è stato lasciato nella culla per la vita della clinica Mangiagalli e pochi giorni dopo una neonata, a brevissima distanza dalla sua nascita, è stata condotta dalla madre presso l’ospedale Buzzi. La donna, a cui sono state prestate tutte le cure post-parto, ha scelto l’anonimato.
Non c’nessuno spazio per le critiche, queste mamme meritano tutto il nostro rispetto perché dimostrano che la salute e l’incolumità dei neonati può essere garantita anche quando il parto e la nascita avvengono in condizioni economiche, sociali e, in generale, di vita difficili.
Avrà presto una famiglia Enea, il neonato abbandonato al Policlinico di Milano con una commovente lettera della madre. Il primario: “Ci occuperemo del bambino, ma se lei ci ripensa siamo qui” pic.twitter.com/Le3jnqdZk5
— Tg3 (@Tg3web) April 10, 2023
Mai criticare una mamma che decide di partorire in anonimo
Non criticate le donne che rinunciano ai figli, va ammesso, più profondamente, che una scelta simile non può che essere dolorosa. Lasciare un bambino in ospedale è un atto di coraggio e diffonde un messaggio che in potenza potrebbe salvare altri bambini, persino non ancora concepiti, dal pericolo di una nascita a rischio e da quello di una vita di stenti e miserie.
Parto in anonimo: i numeri
I bambini nati con un parto in anonimato nel 2023 sono 6; 26 quelli venuti alla luce in queste circostanze nel 2022. È nostro dovere ricordare alle mamme che:
- per i neonati venuti al mondo senza che la mamma possa riconoscerli si apre una procedura di adozione con rito abbreviato. Ciò con lo scopo ultimo di garantire ai piccoli una pronta e certa stabilità familiare il prima possibile;
- il bambino ottiene ogni supporto e assistenza sin dalla nascita;
- la mamma stessa ha diritto a tutta l’assistenza medica necessaria.
Cosa c’è dietro la scelta delle “mamme segrete”
Ad ogni parto in anonimo, come ad ogni culla della vita, c’è un neonato in meno che rischia le conseguenze di una nascita non assistita o di un abbandono di fortuna, allo stesso modo c’è una mamma in meno che si espone ai pericoli di una mancata assistenza durante e dopo travaglio e parto.
Come donne dovremmo avere cura di diritti come quello a partorire in anonimo e, contemporaneamente, dovremmo avere cura del dolore di quelle donne che decidono di separarsi dai propri figli.
Sulla vita di ciascuno di noi possono abbattersi le tempeste più oscure e i dubbi più insondabili, spesso circostanze così dolorose portano a decisioni sofferte, generano ferite che restano silenziosamente sanguinati per sempre. Non si potrà mai capire abbastanza la drammatica decisione delle mamme che scelgono di lasciare l’ospedale senza portare con sé il figlio appena messo al mondo, riflettiamoci!
Quella della mamma segreta resta una scelta protettiva: la donna decide di proteggere il suo piccolo nell’ombra. Solo lontanamente può capire, chi non ha vissuto l’esperienza in prima persona, cosa possa significare ascoltare il proprio corpo che comunica con il bambino per nove lunghi mesi e poi maturare la decisione di separarsene. Uscendo dall’ospedale la mamma segreta conserva, occulta, resiste a un ventre appena svuotato, al seno carico di latte e al cuore in pezzi sapendo, però, di avere fatto il bene del figlio sopra ogni cosa.