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Morte di Manuel Proietti, di chi è la colpa

Responsabilità della morte di Manuel Proietti il bambino di 5 anni deceduto a seguito delle ferite riportate nell'incidente di Casal Palocco.

di Federica Federico

20 Giugno 2023

Morte di Manuel Proietti

I giornali chiamano la morte di Manuel Proietti, 5 anni appena, incidente, titolano, infatti, “L’incidente di Casal Palocco” e sotto questa definizione riportano accaduti, fatti e news. È d’obbligo però definire i contorni dell’accaduto partendo dal concetto stesso di incidente: per definizione incidente è un “avvenimento inatteso che interrompe il corso regolare di un’azione; per lo più, avvenimento non lieto, disgrazia”.

 

Rispetto alla morte di Manuel Proietti il primo interrogativo riguarda esattamente “il corso  regolare dell’azione” che ha dato luogo alla tragedia. Personalmente mi domando se:

  • è definibile regolare l’azione di guidare un’auto di grossa cilindrata per 50 ore al fine di generare un contenuto virale destinato ai social?
  • Allo stesso modo, mi chiedo se è definibile regolare l’azione di pigiare sull’acceleratore nelle vie cittadine? Senza considerare che alla guida di un bolide c’era un poco più che ventenne.
 

La morte di Manuel Proietti: bimbo deceduto a causa delle ferite riportate nell’incidente

Stando alle testimonianze raccolte e alla  ricostruzione dei fatti, la morte di Manuel Proietti è l’esito di una challenge (sfida) messa in essere da gruppo di creators di contenuti digitali. Dal punto di vista medico-legale, invece, il decesso consegue alle lesioni riportate a seguito dell’impatto, cioè dell’incidente.

 

I fatti in breve:

5 ragazzi facenti capo a The Borderline, un collettivo romano di giovanissimi youtuber con un seguito di 600mila followers, già autori di diversi video estremi e sfide social, mercoledì 14 giugno erano alle prese con una sfida fisicamente e mentalmente coinvolgente: “50 ore su una Lamborghini”.

 

L’obiettivo era vivere per 50 ore di fila sul Suv Lamborghini Urus preso a noleggio, secondo i piani i ragazzi lo avrebbero guidato dandosi il cambio al volante, ma senza mai lasciare la vettura.

 

Durante questa marcia ostinata il Suv ha impattato contro la macchina della mamma si Manuel e l’ha letteralmente schiacciata ai margini della careggiata; l’incidente è avvenuto a Casal Palocco, a sud di Roma. A bordo della Smart bianca vi erano la donna al volante, 29 anni, e i suoi figli seduti nei seggiolini auto: Manuel, 5 anni, e la sorellina di 4. I bambini erano appena saliti in macchina e la famiglia procedeva sulla via di casa dopo che i piccoli avevano consumato una comune giornata di scuola. 

 

La Smart (modello 4×4) presenta una fiancata sventrata dall’impatto, lì era seduto Manuel, mentre la posizione ha salvato la mamma e la sorellina di 4 anni. Illesi, invece, i ragazzi nel Suv. 

 
Morte di Manuel Proietti
Il luogo della morte di Manuel Proietti dopo l’incidente

Lo avevano già fatto e non era morto nessuno

L’attenzione della stampa e dell’opinione pubblica sul Suv dei The Borderline ha fatto emergere due elementi non secondari:

  • i ragazzi lo avevano già fatto, la guida prolungata di una supercar era già stata oggetto di una loro sfida;
  • per quanto il video avesse raggiunto i 2 milioni di visualizzazioni nessuno aveva sottolineato la criticità del fatto e la sua potenziale pericolosità.
 

Durante la giornata di mercoledì 4 giugno qualcuno aveva notato il Suv e rimpiangere ora di non averlo segnalato deve valere da monito per il futuro:

la strada è di tutti, segnalare comportamenti scorretti è una tutela alla collettività da cui nessuno di noi può sottrarsi, dopo l’accaduto ancora più fortemente va promosso questo senso civico.

 

La morte di Manuel Proietti ha a che fare con un algoritmo sbagliato?

Un algoritmo sbagliato che permette ai giovanissimi di avere accesso a un successo effimero ma ben pagato, allora è colpa dei social? In televisione se ne è parlato in molti modi diversi raggiungendo conclusioni assimilabili: i social sono governati da un algoritmo che promuove le sfide esterne e i comportamenti eccessivi, sono ingaggianti, generano like e la pubblicità li paga. Ma questo disegno della realtà web non corrisponde alla vera verità!

 

È un fatto che la diffusività dei contenuti social è condizionata da un algoritmo, ma l’algoritmo, in prima istanza, è settato sulla risposta dell’utenza e pertanto promuove ciò a cui le persone reagiscono propositivamente (mettendo like, commentando e condividendo).

Cosa intendo dire con questo? Chiaramente la “colpa” non è dello strumento (ovvero del social) ma di noi utilizzatori che interagiamo con contenuti inappropriati, spettacolari, estremi e anche sconsiderati facendone dei prodotti ingaggianti. 

 

Gli sponsor sono senza scrupoli? Forse, ma i responsabili di questi accaduti restiamo primariamente noi fruitori dei social. E allora che fare?

 

Che fare per evitare tragedie dolorose e irreparabili

  1. Segnaliamo tutti i video girati alla guida di veicoli su 4 e 2 ruote, anche quelli girati al volante di una bicicletta. Tutti, indistintamente, lanciano un segnale errato e cioè che guidando si possa fare altro distogliendo l’attenzione e gli occhi dalla strada;
  2. Segnaliamo le challenge pericolose;
  3. Pretendiamo che l’educazione digitale, fatta da professionisti della rete, possa avere accesso nelle scuole e sotto la duplice veste di materia di approfondimento per i ragazzi e responsabilizzazione dei genitori;
  4. Vigiliamo sulla traduzione della vita reale in vita social, e viceversa, da parte dei nostri figli.
 
Morte di Manuel Proietti
Morte di Manuel Proietti, responsabilità civile e sensibilizzazione

Il rischio del virtuale filmico, una trappola interpretativa   

Interpretare il virtuale come una finzione (lasciate che lo chiami virtuale filmico coniando io stessa una definizione iconica) è il rischio maggiore che adulti e ragazzi corrono oggi, insieme e allo stesso modo.

 

Siamo abituati a filtrare la morte e le tragedie attraverso uno schermo e questa cristallizzazione avvicina ciò che vediamo più a un film che non alla realtà tangibile. Per l’invadenza delle immagini e per la loro diffusività ne siamo divenuti spettatori passivi, siamo assuefatti e questa penetrazione arriva al punto tale da confondere virtuale e reale

Ecco perché vi sono filmati che riprendono chi, a sua volta, filma l’incidente mentre Manuel è a terra, morente, privo di coscienza, piccolo e vittima dell’incoscienza altrui. 

 

Basta guardare a quest’accaduto estraniandosi dai fatti, uscendo dall’onda emotiva e asciugando le lacrime: più che a un incidente, si assiste ad un avvenimento tragico le cui probabilità non erano “così imprevedibili”. Non lo erano a fronte dell’uso prolungato di un veicolo su strade cittadine, in una condizione di viabilità importante come quella romana, in ore di punta e con alla giuda un driver giovanissimo, senza considerare il distrattore delle telecamere e della spettacolarizzazione.

 

Il daspo alle challenge dai social

Non è dittatoriale eliminare dai social i video girati alla giuda, le challenge pericolose e i girati estremi, è anarchico, all’opposto, permettere che la libertà sia confusa con la facoltà arbitraria di mettere a rischio i diritti altrui. 

 

Qui si discute di qualcosa che va oltre l’omicidio stradale e lo si fa mentre il collettivo di giovani youtuber sospende le trasmissioni sui canali perché è “moralmente impossibile” proseguire ora, dopo la morte di un bambino, come dichiarano loro stessi. Mi chiedo, però, se non sarebbe più giusto interrogarsi su ciò che è o non è moralmente sostenibile in assoluto e prima “del danno irreparabile”.

 

La spettacolarizzazione del lusso, la ricerca delle emozioni estreme, la sovraesposizione dei sentimenti coinvolgenti e adrenalinici generano nei giovani un coinvolgimento destabilizzante. Dov’è l’adulto di riferimento? Abbiamo fatto abbastanza perché i nostri figli sappiano distinguere la vita vera dal virtuali filmico e che valori vogliamo che incarnino le nuove generazioni?

 

Le indagini sulla morte di Manuel Proietti

Dei 5 YouTuber solo quello alla guida è attualmente iscritto nel registro degli indagati per omicidio stradale, Matteo di Pietro, 22 anni, dell’imputazione degli altri si deciderà dopo la presa visione dei filmati girati nell’abitacolo della supercar e dopo l’impatto con la smart 4×4.

 

Potrebbero configurarsi ipotesi di concorso, ma c’è già chi fa presente di non essere mai stato al volante della vettura e libera in rete il proprio dolore.

 

Sono nostri anche questi ventenni imprevedibili, ma anche “scossi e fragili” esattamente come è nostro il bambino morto sull’asfalto, malgrado le due realtà non siano paragonabili. Affinché qualcosa cambi veramente l’opinione pubblica non può fare da giudice senza fare da genitore: dove eravamo come educatori e adulti di riferimento mentre il fenomeno delle challenge cresceva indisturbato?

 

Tutti noi abbiamo delle responsabilità, anche rispetto ai 20enni caduti nell’inganno dei like e della popolarità facile.

 

Come possiamo fare di meglio come adulti, genitori ed educatori

  1. Non confondete la vita reale con quella virtuale, smettetela di condividere tutto in rete come se i social fossero il set del film della vostra vita messo in scena col filtro che vi fa risplendere;
  2. tutelate l’immagine dei bambini dalla sovraesposizione mediatica, diventeranno 20 enni con un rinnovato senso di privatezza e maggiore capacità di distinguere il reale dal virtuale;
  3. non date seguito a tutto ciò che incontrate in rete, dotatevi di un filtro morale e badate che sia sempre attivo.


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