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Educare i bambini senza punizioni né minacce: 10 strategie ispirate al metodo Montessori

10 strategie ispirate al metodo montessori per educare i bambini senza punizioni dai capricci alla routine fino all’ascolto, prestando attenzione al problem solving e al buon esempio.

di Federica Federico

24 Gennaio 2024

Educare i bambini senza punizioni

I genitori moderni hanno frequentemente un problema con l’autorevolezza, non riuscendo a conciliare una disciplina positiva con un’educazione autorevole corrono il rischio di lassismo. Quando i figli smarriscono la linea guida delle regole, la famiglia va alla deriva, i bambini si disorientano e i genitori sentono il peso della responsabilità disattesa. Educare i bambini senza punizioni, minacce, sculacciate o schiaffi è possibile e il segreto sta nella conquista delle autonomie

 

La trappola dei bambini ubbidienti

Ubbidienza e disciplina non sono caratteristiche naturali del bambino. Malgrado la società ci voglia imporre la responsabilità di crescere bambini-soldato pronti a scattare sull’attenti ad ogni comando o richiamo, i bimbi sono energia e trasformazione. Essi conquistano una regolarità nei comportamenti e negli atteggiamenti solo quando ne sperimentano i benefici e sperimentazione e autonomia sono intimamente collegate.

 

Ne “Il bambino in famiglia”, Maria Montessori scriveva: “Il più importante è: rispettare tutte le forme di attività ragionevole del bambino e cercare di intenderle.”

 

10 strategie ispirate al metodo Montessori per educare i bambini senza punizioni né minacce ed essere genitori positivi

  1. Riconoscere che i capricci non esistono, esistono solo i bisogni del bambino;
  2. Costruire routine soddisfacenti per il bimbo e adatte ai bisogni della famiglia;
  3. Validare le emozioni e attribuire significanza ai sentimenti del bambino;
  4. Condividere le regole comuni evitando il rinforzo negativo e favorendo quello positivo;
  5. Coltivare gli interessi del bambino affinché sia responsabile della propria fioritura;
  6. Mantenersi in ascolto, prestando attenzione anche ai linguaggi non verbali;
  7. Non imporre ma permettere, fatto salvo il rispetto delle regole; 
  8. Permettere un “autonomo addestramento” al problem solving;
  9. Non giudicare né etichettare il bambino;
  10. Essere angelo custode e buon esempio.
 
Educare i bambini senza punizioni
Educare i bambini senza punizioni, strategie ispirate al Metodo Montessori
 

1. Riconoscere che i capricci non esistono, esistono solo i bisogni del bambino

Quelli che noi adulti chiamiamo capricci sono reazioni al carico emotivo, per la maggior parte frutto di frustrazione e sovraccarico: il bambino, incapace di raggiungere un obiettivo materiale o emotivo, manifesta il suo disagio col pianto, le urla e l’irrequietezza. 

 

Talvolta accade anche a noi genitori di scoprirci incapaci di centrare un obiettivo che ci eravamo proposti (per esempio non abbiamo abbastanza tempo per fare o completare  qualcosa; un collega non ha compreso le nostre intenzioni e c’è stato un disguido; ci manca il danaro per acquistare un bene utile o desiderato). La differenza tra noi e i bambini, il motivo per cui da adulti non scoppiamo in lacrime ad ogni inciampo della vita, sta nell’auto-regolazione e nella capacità maturata di fare i conti con i nostri limiti. 

 

Un adulto razionalizza ed è capace di proiettarsi positivamente sul futuro (riconosciamo, per esempio, di poter terminare il lavoro arretrato in un altro momento; sappiamo articolare un chiarimento con il collega con cui abbiamo vissuto un contrasto; possiamo pianificare un modo per conservare abbastanza denaro per realizzare un acquisto e sappiamo aspettare di averlo accumulato).

 

Il bambino, al contrario, vive tempeste emotive perché non è ancora dotato di un pensiero razionale e previsionale, non sa ancora valutare bene i propri bisogni oltre l’esplosine delle emozioni e non è capace di pianificazione.

 

Come affrontare i capricci

Durante un capriccio è del tutto inutile cercare di ragionare con lucidità e soprattuto con canoni di pensiero che il bimbo ancora non possiede, per esempio il bimbo non capirà che non può ottenere la merendina prima di mangiare perché è in gioco la sua sana alimentazione e nemmeno può ottenerla per sfinimento del genitore. In quei momenti l’autorevolezza di mamma e papà si dimostra con la fermezza del no, ma anche con la calma e la pazienza della presenza: i genitori restano accanto al bambino, ribadiscono i limiti, accolgono la frustrazione e aspettano che l’onda emotiva si plachi. 

 

Solo quando il mare è quieto c’è spazio per piccole spiegazioni “digeribili” dai bambini, quindi, misurate alla loro età e ai loro bisogni.

 

2. Costruire routine soddisfacenti per il bimbo e adatte ai bisogni della famiglia

La routine è più di un’abitudine: è uno spazio rassicurante e sicuro al cui interno il bambino sperimenta l’agire, la relazione e i benefici che ne conseguono. Per esempio, un’efficace routine della ninna abbassa la frustrazione che un bimbo stanco può sprigionare e dona quel senso di pace funzionale al buon sonno. È, quindi, l’effetto delle routine a sostenere il genitore intenzionato ad educare senza punizioni.

 

Rispetto alle routine, è importante che in esse il piccolo possa esprimere se stesso ed è fondamentale che siano adattative, ovvero capaci di seguire le trasformazioni e le evoluzioni del bambino. Per esempio la routine del sonno, a un certo punto, si dovrà trasformare perché sarà chiamata ad adattarsi al passaggio dalla camera dei genitori alla stanzetta del bambino.

 

3. Validare le emozioni e attribuire significanza ai sentimenti del bambino

Smettila di piangere; non c’è ragione per frignare; queste cose sono sciocchezze, adesso basta”, frasi di questo tipo sono estremamente sminuenti e minano l’autostima del bambino. Per capirlo, noi adulti dobbiamo abbandonare la visone della vita che possediamo, sorretta da una esperienza sconosciuta ai nostri figli. 

 

Il pensiero del bambino è prevalentemente guidato dal cosiddetto cervello rettiliano, la parte più antica e primitiva, quella più simile al pensiero animale, ovvero istintuale; è per questo che paura, frustrazione, mancanza ingenerano reazioni “eclatanti”. Per imparare a gestire le proprie emozioni il bambino deve innanzitutto assorbirle e il modo migliore affinché ciò avvenga è l’accoglienza

 

Piuttosto che “Smettila di piangere” provate a dire al bambino: “So che questa cosa ti ha fatto arrabbiare, capita anche a me di arrabbiarmi è normale”; anziché dire “Smettila di frignare o non c’è ragione di piangere” provate a sollecitare il bimbo a superare il suo dolore: “Sei arrabbiato, hai ragione, so che questa cosa ti manca, la volevi, ci avevi sperato, non sempre si può ottenere tutto. Io sono qui per te, quando ti sarai calmato troveremo un modo per riuscire oppure troveremo un’alternativa”. Frasi come queste sono legittimanti, ovvero riconoscono le emozioni negative del bambino, le spogliano dal senso di disagio che può venire dal pianto e dalla rabbia e le collocano su un piano di evoluzione migliorativa.

 

4. Condividere le regole comuni evitando il rinforzo negativo e favorendo quello positivo

È molto importante che il bambino conosca le “regole del gioco”; a casa come fuori, in ogni relazione con i genitori e con gli altri, le regole sociali e morali segnano i confini del vivere bene nel contesto di riferimento

 

Qualunque sia la regola e il suo campo di azione, non si mangia prima di cena oppure non si usa il cellulare a tavola o si spegne la Tv alle 21:30, è sempre essenziale che la regola venga espressa ai bambini in modo chiaro, con termini a loro comprensibili ed è fondamentale che sia condivisa con i genitori, ovvero noi grandi, per primi e senza eccezioni, dobbiamo rispettare le regole familiari.

 

5. Coltivare gli interessi del bambino affinché sia responsabile della propria fioritura

I figli non ci appartengono, sono persone, hanno idee, orizzonti e bisogni che matureranno e prenderanno strade “altre” e libere da noi. Sin da quando sono molto piccoli hanno il diritto a vedersi riconosciuta la soggettività, aiutarli a fare da soli è il primo passo per renderli autonomi.

 

Ne “La scoperta del bambino”, Maria Montessori scriveva: “Aiutali ad imparare a camminare senza aiuto, a correre, a salire le scale, a rialzare oggetti caduti, a vestirsi e a spogliarsi, a lavarsi, a parlare, a esprimere chiaramente i propri bisogni, a cercare con tentativi di giungere al soddisfacimento dei propri desideri, ecco l’educazione all’indipendenza.”

 
Il bambino merita di essere riconosciuto con i suoi interessi e il suo carattere
Il bambino merita di essere riconosciuto con i suoi interessi e il suo carattere

6. Mantenersi in ascolto, prestando attenzione anche ai linguaggi non verbali

Mi devi ascoltare!” oppure “Sono tua mamma, ascoltami e stai zitto” o “Ascoltami e ubbidisci” sono esempi di frasi ricorrenti, quanti tra noi genitori lo hanno detto e anche molto spesso? Per educare i bambini senza punizioni né minacce l’orientamento dell’ascolto risulta essenziale: in queste frasi dimostriamo come tendenzialmente il genitore e qualsiasi adulto pretenda l’ascolto (orientamento dal bambino al genitore, senza reciprocità).

 

Un ascolto unidirezionale, preteso dal bambino e non condiviso con lui, posiziona l’adulto un gradino più in alto con l’illusione che l’autorità derivi dall’anzianità, dallo status o dalla paura. Per cogliere i bisogni del bambino, invece, è necessario validare le emozioni e creare una relazione fluida tra le parti della famiglia è cruciale ascoltare i figli, non solo quel che dicono, ma soprattutto intercettando ciò che fanno. Hanno un peso specifico anche il linguaggio non verbale e la prossemica (ovvero la vicinanza spaziale nella relazione con l’altro). 

 

7. Non imporre ma permettere, fatto salvo il rispetto delle regole

Dentro regole di sicurezza e confini di possibilità sociali e spaziali, il bambino ha il diritto di sporcarsi le mani, ovvero di sperimentare il mondo con tutto se stesso. 

 

Ne “La scoperta del bambino”, Maria Montessori scriveva: “Sguinzagliate i bambini, assecondateli: essi corrono fuori quando piove, si levano le scarpe quando trovano pozze d’acqua e quando l’erba dei prati è umida di brina corrono con i loro piedini nudi per calpestarla, riposano pacificamente quando l’albero l’invita ad addormentarsi alla sua ombra, gridano e ridono quando il sole li sveglia al mattino, come sveglia ogni creatura vivente”.

 

8. Permettere un “autonomo addestramento” al problem solving

I bambini moderni hanno a che fare con un ostacolo rilevante allo sviluppo del problem soling, si tratta dell’accesso alla rete, nonché delle abitudini video-ludiche che rintracciano fasce d’età sempre inferiori: in rete il bambino trova una moltitudine di soluzioni che dissimulano il problem solving della vita pratica. Immaginate solo come un bimbo arriva alla soluzione di un quiz e come ci eravamo abituati ad arrivarci noi alla sua età: a parità di quesito, nostro figlio digita le parole chiave su su Google, noi sfogliavamo l’enciclopedia, eravamo disposti a cercare l’aiuto degli adulti e, qualche volta, anche a portare il quesito in classe per sottoporlo all’insegnante.

 

Se si considera, poi, il gioco elettronico il bambino non è fisicamente impegnato a risolvere gli accaduti quanto lo eravamo noi con i giochi analogici. Per esempio, oggi il bimbo agisce con la mediazione di un supporto elettronico che gli consente costantemente di recuperare il game over “resuscitando in una nuova partita”. Questo certamente semplifica dei processi che nella vita reale, invece, il bambino è chiamato a sperimentare fattivamente e con tutto il suo corpo facendo esperienza con la condizione dell’errore e del fallimento, se non addirittura con quella dell’irreparabile.

 

9. Non giudicare né etichettare il bambino

Per avere una visione sana dell’errore, per crescere e perfezionarsi, il bambino  ha bisogno di mutare forma, di fare esercizio di interessi e approcci diversi nelle cose e nelle relazioni, etichettarlo, al contrario, è stringente e condizionante. Non esiste il bambino cattivo, quello monello o il fannullone, esistono le tappe della crescita e gli ostacoli sono solo fatti per essere superati.

 

10. Essere angelo custode e un buon esempio

Più che intervenire nella crescita dei nostri figli, conta molto il modo in cui noi li influenziamo. È inevitabile che l’ambiente eserciti un’influenza sui babini, crescendo per osmosi, essi assumono il nostro modo di guardare alla vita e di comportarsi con gli altri. Preferite un’educazione pacifica, dialogante e a mani basse.



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