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Domodossola: mamme protestano contro la chiusura del punto nascite

di Federica Federico

11 Luglio 2011

11 luglio 2011, il punto nascite dell’Ospedale cittadino di Domodossola non deve chiudere.

Sulla carta sarebbe prevista per oggi la chiusura del punto nascite dell’ospedale cittadino di Domodossola. Ma le mamme e la cittadinanza tutta si oppongono a questa decisione.

Con le loro pance le donne incinte testimoniano la viva necessità di mantenere operativo il punto nascite. È per questo che le mamme di Domodossola si sono fatte avanti, schierandosi in prima linea contro la chiusura della struttura sanitaria.

Proprio loro le mamme, le donne incinte da venerdì presidiano il Municipio cittadino. Tengono alta la protesta e a turno, divise in gruppi di cinque, si alternano nelle sale municipali, il presidio resta attivo anche durante la notte.

Le donne di Domodossola sono decise a proseguire la protesta sin quando non otterranno fattive rassicurazioni circa la sopravvivenza del punto nascite. La struttura sanitaria in oggetto assicura alle donne di essere seguite durante la gestazione e di partorire debitamente assistite, senza per questo dover affrontare distanze insostenibili. Ecco cosa dice una mamma di Domodossola:

«La nostra è una battaglia di dignità e per il rispetto dei nostri diritti…vogliamo che i nostri figli possano nascere e venire assistiti in Ossola, questo non perchè siamo “pigri” o per interessi di campanile come purtroppo qualcuno ha insinuato, ma solamente perchè, non possiamo accettare che in caso di urgenze nelle valli o anche nella stessa Domodossola e paesi limitrofi la vita di noi mamme e dei nostri piccoli venga messa in pericolo da una distanza certamente eccessiva tra noi e il primo ospedale attrezzato».

La protesta delle mamme ha sortito un primo effetto positivo: le donne potranno incontrare il direttore generale della sanità piemontese, Paolo Monferrino. L’appuntamento dovrebbe avere luogo in settimana.

Ogni volta che si ragiona sui tagli alla sanità, sui problemi economici e di gestione delle strutture ospedaliere, si deve avere il buon senso di riflettere anche sulle esigenze e sui diritti dell’utenza che fruisce di tali strutture.

Avere un figlio è un evento naturale e fisiologico; oggi la maternità sana e consapevole è riconosciuta anche come un diritto della donna e del nascituro.

Attualmente a tutti pare scontato condurre una gravidanza in sicurezza, ricorrere a cure mediche, sottoporsi ad esami di rito e partorire in ospedale. Ebbene solo 50\60 anni fa non esisteva una tanto attenta concezione della gestazione e del parto, non si aveva cura dell’ideale del diritto alla vita e l’assistenza sanitaria alla puerpera ed al nascituro era a dir poco relativa.

Il parto avveniva in casa e, quindi, non sempre in condizioni di sicurezza, la gestazione e la nascita erano considerate “circostanze di vita la cui buona riuscita era lasciata a Dio o al fato”.

Oggi l’assistenza medica e sanitaria riduce i rischi naturalmente connessi alla gestazione, previene i pericoli per le mamme ed i bebè, salva delle vite ed assicura la salute di ogni paziente. E da tali punti di vista è auspicabile non ritornare indietro negli anni!

Il commissario dell’Asl del Vco, Corrado Cattrini, ha già sentenziato che nel reparto i parti saranno bloccati a far data da oggi e sino al 30 settembre. A determinare il “blocco delle nascite” sarebbe la carenza di personale, condizione cronica del reparto, malessere organizzativo che si trascina dal 2007.

La chiusura del punto nascite dovrebbe avvenire oggi, ma ciò nonostante in reparto restano ricoverate ancora sei neomamme.

Il consigliere regionale leghista Michele Marinello, ex sindaco della città, rassicura: «Dall’ospedale non uscirà niente. E la direzione dell’Asl mi ha confermato che non esistono disposizione per smantellare arredi e attrezzature».

I dati 2010 dell’ospedale di Domodossola: nel 2010 sono nati 365 bambini; altri 594 sono nati all’ospedale di Verbania.

Complessivamente le due strutture ospedaliere provinciali non raggiungono mille parti, ma Domodossola ha una specificità montana ed è per questo che il ministro della sanità ne avrebbe ammesso l’apertura in deroga alla chiusura dei piccoli reparti.



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