Non ce la faccio a dire niente. Solo che quattro figli sono rimasti senza la loro mamma e uno di loro prende ancora il latte. Parlerò più avanti per dire quello che è successo lì dentro. Non era un concerto ma una discoteca strapiena di gente e piena di alcolici. Il concerto doveva iniziare alle 22:00 e invece non iniziava.
Parla Paolo, il marito di Eleonora Girolimini, la sola adulta morta nella tragedia di giovani nella discoteca di Corinaldo.
La donna camminava accanto alla sua bambina, lei e il marito avevano accompagnato la figli al concerto, e nella calca ha disperatamente cercato di fare da scudo alla figlia riparandola con il suo corpo.
Sono le fonti stampa a riportare lo straziante racconto della figlia diEleonora Girolimini:
Mamma mi ha protetto fino all’ultimo istante. Quando siamo finiti in mezzo alla folla lei urlava: – c’è la piccola, c’è la piccola. Cercava di farmi spazio con il suo corpo per non farmi schiacciare, poi è caduta più in basso.
Sedata la folla, finito il peggio, è stata proprio la figlia trovare il corpo della mamma riverso a faccia in giù sul pavimento. Paolo, il marito, ha cercato in tutti i mdi di fare qualcosa, ha provato a rianimare la moglie praticandole anche la respirazione bocca a bocca sino all’arrivo del 118. Ma nulla è valso a salvare Eleonora Girolimini dalla morte.
Al Corriere della Sera, Paolo racconta gli istanti che hanno preceduto la strage:
Ero un passo più avanti rispetto a lei e alla bambina. Ho sentito un odore acre e ho detto: via da qui, correte! Poi mi sono ritrovato nella folla che mi spingeva fuori, non ho potuto raggiungerle, le ho perse di vista.
La testimonianza di Paolo è tanto straziante quanto preziosa, rappresenta il punto di vista di una persona coinvolta, per quanto straziata dal dolore, questa persona è però un adulto capace di identificare il pericolo, come di fatto è accaduto, ma impossibilitato dalle circostanze ad evitarlo.
Alla figlia di Eleonora Girolimini, come a tutte le vittime va il più profondo affetto di tutto il Paese, ma oggi come non mai la parola che più potrà dare conforto a queste famiglie è “giustizia”. E questa parola deve trasformarsi in un’aperta richiesta allo Stato.