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Portare i Bambini nella Fascia: Tutto quello che la Mamma Deve Sapere sul Babywearing

di Alessandra Albanese

30 Ottobre 2014

 

PORTARE I BAMBINI nella fascia

La pratica di portare i bimbi legati al corpo delle donne è antichissima.

Prima del 1900 infatti i genitori di tutto il mondo usavano una varietà di scialli, tessuti e persino lenzuola per rannicchiare i propri piccoli e sbrigare le proprie faccende, con essi legati al fianco.

Il Babywearing non era una cosa di così “speciale” e differente come viene percepita oggi nel mondo occidentale, ma solo una sorta di necessità.

Le madri dovevano lavorare alacremente e non avevano certo il tempo di far giocare i propri piccoli con i videogiochi, così questi ultimi semplicemente stavano a fianco delle mamme.

Era un modo comune e materno di prendersi cura dei figli, e soprattutto di semplificarsi la vita.

Ancor oggi alcuni tipi di “trasporto” sono utilizzati in paesi in via di sviluppo, sebbene ristretti ad una esigua fascia di popolazioni indigene dove il babywearing è normale, anzi, è una necessità di vita.

Si dice babywearing questa pratica di legare il bambino al corpo della madre, con una fascia che consente al bimbo di essere portato, e alla mamma di avere la massima libertà di movimento.

babywearing pellerossa

Letteralmente infatti la traduzione è “indossare i piccoli”.

Nel mondo ogni nazione ha un suo tradizionale modo di portare i bambini, e ovviamente incontra le necessità delle varie popolazioni, che variano a seconda del clima, del tipo di lavoro della donna e dei modi tradizionali e culturali di indossare gli abiti stessi.

  • In Messico ad esempio le popolazioni indigene usano il Rebozo, tipico accessorio femminile costituito da un panno di tessuto quadrato, abitualmente utilizzato per portare i bimbi legati al corpo con la stoffa legata ad una spalla (alcune volte viene chiamato Chal-scialle, dipende dalla lunghezza del tessuto).
  • In Perù usano la Manta, una mantellina sulle spalle che le donne roteano letteralmente con il piccolo dentro, che viene fermata con un nodo sul petto, e che consente di tenere il bimbo sulle spalle.
  • In Guatemala esiste una sorta di Rebozo chiamato Perraje.
  • In Alaska e Canada le donne inuit indossano l’Amauti, un antenato del parka, ma con tascone sul retro, che può essere posizionato sul fronte durante l’allattamento. L’Amauti è fatto in pelle di foca o caribù, e ripara il piccolo dal freddo polare, restando sempre a contatto con la mamma.
  • In Papua Nuova Guinea le madri usano il Bilum, una “borsa” che viene letteralmente appesa alla testa delle mamme (che allenano i muscoli del collo!) con dentro il piccolo, che viene posizionato sul dorso.
  • In Indonesia le donne usano il Selendang, la lunga sciarpa che oltre a portare il piccolo viene usata per coprirsi il capo.
  • Le native americane costruivano una specie di culla con la corteccia, che poi trasportavano in spalla, con delle coperte per imbottire la struttura. Una sorta di marsupio ante litteram.
  • In Asia le donne preferivano tutta una serie di fasce e marsupi come il Mei-Tai (di cui abbiamo parlato anche qui), il Hmong, l’Onbuhimo (in Giappone), il Podaegi (in Corea).
  • In Galles le mamme erano solite avvolgere i propri piccoli in caldi scialli tipici della regione chiamati “Siol fagu”.
  • In Etiopia invece si utilizzavano coperte con delle cinghie nella parte superiore, simili agli Onbuhimo giapponesi.
  • Le mamme africane utilizzavano un fazzoletto che chiamano ancor oggi khanga, che in lingua Buntu significa “avvolgere”, nel quale appunto avvolgevano i piccoli per posizionarli sul proprio dorso. E chissà che l’animale canguro (che in inglese è kangaroo) non sia proprio stato chiamato così da questo, o viceversa.
  • Le donne Maori della Polinesia, per concludere la nostra carrellata, trasportavano i piccoli in degli zaini realizzati con corde di lino.

babywearing africa

Il declino e l’ascesa del Babywearing.

In molti di questi paesi, con l’andar del tempo, il babywearing divenne sempre meno comune, poiché portare un bimbo così significava “far parte della popolazione povera”, dato che solo i ricchi potevano permettersi i passeggini, e infatti questi nuovi mezzi di trasporto infantile su ruote divennero articoli sempre più desiderati (dimenticando però che fossero totalmente inutili in terreni impervi).

Al contrario, siccome l’ essere umano è un po’ fatto così, nel momento in cui il babywearing divenne di nicchia, ecco che questa pratica ricominciò ad acquistare notorietà e interesse, proprio in quegli strati sociali che poveri non erano più e che i poveri tentavano di emulare.

Con l’introduzione dei sedicenti “formatori dell’infanzia” intorno alla metà del secolo scorso, e seguendo il trend che il bambino doveva essere educato all’indipendenza, impedendogli di essere viziato e circondato da troppo amore e attenzione, il babywearing declinò nel mondo occidentale.

Le madri finirono di imparare dalle altre madri, e cominciarono a seguire i consigli dei medici, degli uomini esperti, non considerando che uomini e donne mostrano totale differenza nell’accudimento dei figli (differente, non sbagliato, attenzione).

I bambini vennero messi in passeggini e culle, tutti vennero istruiti a non toccarli, a non fargli prendere cattive abitudini come lo stare troppo in braccio.

Fu questo il momento in cui, dalla casa i parti cominciarono ad avvenire negli ospedali, e nel quale le madri cominciarono a essere considerate meno attendibili degli esperti (vedi i consigli delle nonne, che ebbero il loro punto più basso in quegli anni di grande sviluppo non solo economico ma anche culturale).

Si dovevano “salvare” i bambini da queste tradizioni familiari ancestrali e antiquate, e dare loro delle appropriate indicazioni.

I primi 50 anni del ‘900 distrussero così quello che erano stati secoli di cure materne e supporto filiale, salvo poi riabilitarli nei 30 anni successivi del secolo.

Successive ricerche infatti affondarono le teorie dei “bambini viziati” dal troppo amore, e le nuove pratiche affermarono al contrario che la mancanza di amore, di contatto fisico con i propri figli può anche portare a ritardi nello sviluppo cognitivo dei bambini.

I piccoli necessitano di contatto umano, di sensazioni tattili per crescere bene.

Ecco che dopo questi anni di anaffettività generalizzata ritorna in auge il babywearing, le fasce per portare i piccoli e tutte queste pratiche riprendono piede, principalmente nelle comunità hippy degli anni ’70.

babywearing 1

L’inventore della fascia ad anelli sembra essere stato il pioniere di questa nuova “era del babywearing”.

Si chiama Reyner Garner, un fisioterapista che per caso realizzò con un lenzuolo e due rudimentali cerchi a chiudere questa “amaca” portatile, per consentire alla moglie di portare agevolmente la loro bambina, consentendole libertà di movimento ma soprattutto consentendo alla bambina stessa di essere portata con un mezzo comodo, e anche allattata in modo discreto ma rapido durante la loro vacanza alle Hawaii.

Era il 1981, la prima fascia ad anelli cominciò a prendere forma, per continuare a essere utilizzata negli anni in avanti, fino al giorno d’oggi.

Le fasce furono viste come una prosecuzione dell’utero materno, portando tutta una serie di benefici allo sviluppo dei neonati, e anche alla sanità dei genitori!

babywearingJapan

Oggi

Oggi il Babywearing è una realtà che ha preso piede negli Stati uniti e in Europa.

Esistono corsi di formazione, scuole di “portamento di bambini”, esperti in pediatria cominciano a realizzare il valore del babywearing come mezzo per creare e mantenere il legame tra mamma e figlio, e per un corretto sviluppo emotivo e cognitivo.

Anche gli accessori per sono diventati più “fashion: esistono fasce di tutte le dimensioni e di tutti i colori, e le case che realizzano fasce, marsupi, mei-tai e supporti simili si sono moltiplicate in pochissimo tempo, per non parlare dei forum, dei tutorial e dei blog nati in rete che insegnano tutto quello che c’è da sapere sul babywearing.

Se fino a qualche tempo fa il mercato di passeggini, cullette e trio era florido, adesso le mamme cominciano a domandarsi se tutti questi accessori siano davvero necessari, o se la sola cosa che potrebbe volere un neonato sia il contatto materno.

Il babywearing non è ancora un fenomeno di massa, e i benefici di questa pratica sono relativamente sconosciuti alle più.

Nonostante ciò, questa antica usanza è tornata a crescere rapidamente, e sempre più mamme si informano e cercano nuovi modi di star vicino al proprio piccolo, trovando il babywearing.

babywearing 2

Questa nuova generazione di genitori comincia gradualmente a imparare a fidarsi del proprio istinto, a riporre maggiore fiducia nel proprio intuito.

Dopotutto stiamo parlando di una pratica centenaria, offuscata solamente da 50 anni di progresso (immaginario), e riscoprendo adesso che il modo migliore per crescere i propri figli è quello che sentono mamma e papà.

 

 



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