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Milano Oh Bej – Oh Bej: oggi 10 dicembre chiude la fiera

di Mamma Simona

10 Dicembre 2011

OH BEJ-OH BEJMilano OH BEJ-OH BEJ, oggi 10 dicembre si chiude la fiera, ma come è cambiata la fiera nel tempo

Dicembre è un mese magico per i bambini ma anche per noi adulti.

Quando voltiamo sul calendario la pagina del mese, siamo invasi da aria di festa: gli addobbi natalizie, le letterine dei bambini, il contdown dell’Avvento, la ricerca dei regali, le feste, i pranzi e le cene in famiglia e con gli amici e poi in fine il veglione per salutare il nuovo anno.

Per i milanesi c’è una ragione in più per festeggiare: il 7 dicembre si festeggia il nostro patrono, Sant’Ambroeus o meglio Sant’Ambrogio, un personaggio molto amato dai cittadini.

La celebrazione in onore del patrono acquista una connotazione forte, poiché è in questi giorni che viene allestita la fiera degli Oh Bej Oh Bej.

Si tratta di una fiera storica, risalente al lontano 1510 quando papa Pio IV inviò a Milano G. Castiglione con doni e giocattoli per i bambini milanesi, nella speranza di saldare e sanare quel legame tra Milano e Chiesa che si stava un po perdendo. I bambini esterrefatti accolsero quei doni con urla di gioia, esclamando in milanese: “Oh bej!…oh bej!…” ovvero “che belli, che belli!”.

Da allora ogni anno viene allestita la fiera degli “Oh Bej On Bej” in ricordo di quei momenti, spunto di un mercato cittadino, in cui trovare il giusto regalo natalizio da mettere sotto l’albero.

OH BEJ-OH BEJDa quel lontano 1510 molte cose sono cambiate; è cambiata la città, ormai metropoli internazionale, luogo di approdo di stranieri che arrivano da tutto il mondo portando con se proprie culture e contribuendo alla formazione di una società multietnica.

Se da una parte ciò può essere inteso come accrescimento, poiché diverse esperienze, l’allargamento di orizzonti, culture, religioni, etnie è un valore aggiunto della società, dall’altra parte la perdita di una tradizione milanese che si tramanda di secolo in secolo, il depauperamento di un background della città, necessario per lasciare il posto all’integrazione, è sentita come una perdita nostalgica delle proprie origini e, consentitemi, della nostra identità.

Non si sente più parlare il dialetto milanese in giro per strada, ogni tanto si incontra qualche anziano milanese che ancora usa delle espressioni dialettali, ma si tratta di occasioni sempre più rare, il cui l’entusiasmo viene stroncato dalla difficoltà dei giovani anche solo a capirne la parlata.

La tradizione della fiera risveglia in noi la coscienza di essere “milanesi”; ci fa riscoprire l’amore per le nostre origini.

Milano è la città del lavoro, della Borsa, della moda, della tendenza ma oltre alle boutique di via Montenapoleone o del palazzo dell’Abercrombie (che attirano clienti da tutt’Italia) c’è quel quid in più che crea un legame ancestrale con la città.

La fiera degli Oh Bej Oh Bej si colloca, nella sua semplicità, come elemento collante tra le nostre origini e la necessità di progresso, di evoluzione di una città aperta a tutti.

Il profumo dello zucchero filato, delle castagne arrostite e vendute in filoni (i firòn), il castagnaccio, i pezzi di croccante venduti nelle bancarelle risvegliano in noi quel richiamo, che ci inorgoglisce e ci rende fieri di essere milanesi.OH BEJ-OH BEJ

Questo è il vero motivo che rende importante per i milanesi la fiera degli Oh Bej Oh Bej, che trascende il significato di mercato, così come può essere inteso dall’esterno, per calarsi in un vissuto emozionale più profondo.

Per motivi di business, e per dare più spazio alle bancarelle, la fiera fu spostata dalla zona attigua alla Basilica di Sant’Ambrogio a quella di Piazza Castello. Entrambe zone affascinanti e ricche di storia della città ma scelta non gradita dalla maggioranza dei milanesi, che vedono nello spostamento una perdita di tradizione….



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