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La madre sacrificante è quel cannibale che ci mangia da dentro: così moriamo come donne

Ogni mamma può nutrire dentro di sé una madre sacrificante, ciò assorbe ogni energia, nega cittadinanza ai diritti, svilisce e imbruttisce.

di Federica Federico

10 Maggio 2024

La madre sacrificante è quel cannibale che ci mangia da dentro: così moriamo come donne

Durante i 9 mesi della gravidanza la donna nutre dentro di sé non solo il bambino ma anche la sua nuova se stessa, ovvero la madre che sarà. La gestazione della sé-mamma può essere persino più implicante, difficile e provante della nascita del figlio. Di fatto, la gestazione del figlio è fisiologica, istintiva e naturale; la nascita della donna-mamma, invece, è condizionata da stereotipi e pressioni socio-culturali.

 

La nostra società è ancora assillata dall’immagine ricorrente delle madri perfette, impeccabili e devote alla famiglia. Si tratta di donne in prevalenza madri, ma con una prevalenza a tratti imbarazzante. Questa narrazione della mamma ci fa sentire colpevoli ogni qualvolta “preferiamo” il lavoro alla famiglia o “ci concediamo” un momento di piacere, di svago, curiamo un hobby o nutriamo un’amicizia.

 

La pressione sociale alimenta quel cannibale che ci mangia da dentro: la madre sacrificante

Quando la neo mamma nutre in grembo una madre sacrificante l’ombra del dolore e delle difficoltà si profila sin da subito all’orizzonte. Partorirla è l’inizio di un percorso difficile, una rotta che, come donne, abbiamo il dovere di invertire.

 

Chi è la madre sacrificante?

La madre sacrificante è quella donna che assorbe completamente lo stereotipo iconografico della Mamma-Madonna e così facendo, nella sua nuova vita da mamma, nega cittadinanza ai propri bisogni.

 
  • La mamma che si sacrifica completamente (colei che si immola sull’altare del neonato) annulla la donna che era prima della maternità e trascura di poterlo essere ancora dopo la nascita del figlio.
  • Questa madre mette da parte anche l’amante che è stata, la se stessa che ha animato la relazione di coppia. Lo fa senza considerare che ciò va a danno dell’intero sistema famiglia e del figlio stesso.
  • La madre sacrificante perde i propri interessi o comunque li colloca dopo l’essere una mamma perfetta.
 

Perfezione e maternità

La perfezione (che nemmeno può albergare nella geintorialità) è un’ossessione sociale quando si riferisce alla maternità. Sebbene resti latente, la richiesta che il mondo muove alle donne è quella di essere madri prima di tutto. Tra le righe, implicitamente e nel fare comune lo domandano nonni, suocere, compagni o mariti, lo impone la scuola. Essere innanzitutto mamme e mamme perfette è persino la pretesa delle altre madri, pena il giudizio e la critica.

 

È innegabile che il mondo pretenda l’impossibile dalle mamme, e la pressione sociale arriva al punto di giudicare o guardare con sospetto quelle tra loro che non hanno figli.

 

Sotto la pressione di una cultura retrograda, giudicante, per nulla attenta ai bisogni delle donne e stereotipata, alla neomamma non basta semplicemente essere una mamma o una buona madre, ella ritrova e proietta il suo ruolo solo nella perfezione. Inconsciamente l’aspettativa di perfezione della neo-mamma alimenta, poi, i sensi di colpa, il senso di inappropriatezza, la paura di sbagliare ed essere in difetto. 

 

La perfezione è solo illusione

I bisogni repressi sono lava che borbotta sul fondo del vulcano, saranno scossi da nuove emozioni ed emergeranno e bruceranno. Nessun genitore è perfetto, lo siamo ancora di meno quando non siamo neanche appagati, soddisfatti di noi stessi e del nostro percorso. 

La genitorialità è un agito, è un fare dai molti significati che si articola in molti tempi:

  • nel passato perché è lì che si costruisce ciò che siamo;
  • nel presente perché è qui che mettiamo alla prova le nostre intenzioni e il nostro appreso;
  • nel futuro in punto di progettualità.
 

Le responsabilità non sono tutte della mamma

A dispetto di un lungo e faticoso progresso storico e socio-culturale, però, il genitore iconico, quello assunto come punto di riferimento prevalente (dalla società prima ancora che dal bambino) resta la mamma. Tutti vogliono tutto dalla mamma: i calzini, che nessuno trova mai; il cibo, così come la casa pulita; la presenza e il sostegno emotivi; l’organizzazione delle risorse familiari e, in generale, la cura.

Spesso si sente dire alle madri: “Tuo figlio vuole solo te, piange con tutti!” Frasi simili sono espressione di una narrativa della genitorialità che descrive la mamma in termini di esclusività

 

Di fatto, però, i bisogni del bambino non sono così selettivi, per fare un esempio su tutti: le neuroscienze dimostrano che un bambino messo in condizione di nutrire più legami saldi con figure di riferimento e di cura differenti (mamma, ma anche papà, nonni, zii) si dimostra più aperto alle nuove esperienze, più capace di auto-regolarsi, di esprimere le proprie emozioni e i propri bisogni.

@montessorianamente.mamma Attaccamento, non è solo un affare da mamme #attaccamento #esseregenitore❤ #mamme #educarerispettosamente #educareconcura ♬ suono originale – Federica Federico

Come neutralizzare la madre sacrificante

Il sacrificio assorbe le nostre energie di donne, prima che di mamme. 

Ci hanno drogato con l’abnegazione, narcotizzato col dovere, assuefatto a modelli insostenibili di fedeltà e sudditanza, ma il benessere personale, quello della femmina che ci abita, non è secondario. Del resto è come essere nel bel mezzo di Times Square: è più facile sentire i rumori del traffico, il vociare delle persone, il suono dei maxi schermi LED che non il battito del proprio cuore. 

 

Noi donne abbiamo il diritto di riconnetterci con i nostri bisogni profondi. È tempo che la società si faccia carico delle responsabilità morali che ha verso le donne in punto di diritti alle pari opportunità; di diritto a una maternità sostenuta, accolta e supportata; di diritto al sostegno genitoriale e ad un accesso al lavoro flessibile e non discriminante.

 

Una mamma felice non è una mamma egoista, piuttosto é una donna che ricorda a se stessa di avere bisogni e possibilità. Una mamma che cura i propri bisogni e raccoglie le sue stesse possibilità non è una cattiva madre.

 

Un giorno i nostri figli cresceranno, ma è già oggi il momento della scelta personale: per parte nostra, come donnne, dobbiamo decidere cosa fare di noi stesse proprio in quel giorno… ovvero quando i figli saranno grandi.

Possiamo scegliere di farci cannibalizzare dalla madre sacrificante che stiamo nutrendo oppure possiamo costruire la nostra autonomia per sopportare il nido vuoto ma soprattutto per crescere figli liberi (senza alimentare le nostre infelicità).



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