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Come farsi ascoltare dai bambini 

Come farsi ascoltare dai bambini: sì alla comunicazione assertiva, no a minacce, ricatti, premi e punizioni. Importanti regole e flessibilità.

di Federica Federico

21 Febbraio 2024

Come farsi ascoltare dai bambini  – Fonte immagine 123RF.com con licenza d’uso (foto realizzata con strumenti di generazione AI)

 Mio figlio non mi ascolta! – questa affermazione accomuna molti genitori e porta con sé una scia di frustrazioni, senso di inadeguatezza e incapacità, ansia di prestazione e tensione emotiva. Per evitare tutto questo, come farsi ascoltare dai bambini? 

 

Il verbo  “ascoltare” è un termine trappola perché comunemente viene immaginato come espressione di un’azione passiva: in questo senso il genitore si immagina di “parlare\ordinare” a un bambino-ascoltatore che sia pronto a recepire i comandi impartiti. Insomma l’ascolto è comunemente inteso come la ricezione di un messaggio che parte da un emittente e raggiunge un ricevente.

In pedagogia la relazione educativa tra emittente (inteso come educatore che ordina e comanda) e ricevente (pensato come il bambino che assorbe un comando) è, invece, fallimentare. 

 

Si può dare una veste pedagogica all’ascolto?

La risposta a questa domanda è affermativa, tuttavia per farlo è indispensabile riconoscere alle parti un reciproco potere di ascolto perchè l’ascolto pedagogico è bilaterale.

Tuo figlio non ti ascolta? Prova ad a prestargli ascolto tu per primo!

 

Come entrare in comunicazione con i bambini

Per farsi ascoltare dai bambini è necessario imparare come comunicare con loro, partiamo da qui e definiamo cos’è la comunicazione e come può qualificare la relazione genitore-figlio arricchendola.

 

La comunicazione è quel processo di scambio di informazioni, messaggi e interazioni codificato attraverso segnali linguistici e extra-linguistici (comunicazione verbale e non verbale).

Il modo in cui ciascuno di noi comunica con gli altri è qualificante. Oltre a un’altra lunga serie di fattori, ci qualifica la nostra empatia e la capacità espressiva, la pacatezza comunicativa o l’aggressività. Allo stesso modo ci qualificano anche le espressioni del viso, la mimica e gli atteggiamenti del corpo, nonché la prossemica (ovvero l’insieme dei gesti, degli atteggiamenti e della gestione dello spazio fisico all’interno di una relazione comunicativa). 

 

Le parole sono il vettore dei nostri sentimenti, lo specchio dei nostri bisogni, il ponte delle nostre intenzioni e devono necessariamente misurarsi con l’interlocutore tenendo conto dell’età, del contesto, delle finalità e della natura della relazione. Del resto sono l’empatia e la duttilità del linguaggio a consentirci di non restare ego-centrati

 
Come farsi ascoltare dai bambini  – Fonte immagine 123RF.com con licenza d’uso (foto realizzata con strumenti di generazione AI)
Come farsi ascoltare dai bambini – Fonte immagine 123RF.com con licenza d’uso (foto realizzata con strumenti di generazione AI)

Cosa non fare quando si comunica con i bambini

Il bambino nasce egocentrato, lo è fortemente sino ai 4 anni circa, solo intorno a quell’età incomincia a comprendere i sentimenti altrui e a mettersi nei panni dell’altro. Nel comunicare con i bambini va tenuto conto di diversi  fattori:

  • Sviluppo cerebrale,
  • Peso dei divieti: “Non si fa, non farlo, non fare questo, non fare quello“,
  • Minacce e ricatti vanno esclusi dalla comunicazione con i bambini,
  • Determinazione preliminare delle regole.
 

Lo sviluppo cerebrale del bambino determina come e cosa può comprendere

Lo sviluppo cerebrale-funzionale del bambino non lo mette in condizione di ragionare come un adulo. E ciò vale anche quando ai nostri occhi è oramai grande. 

Per esempio, solo intorno ai 4-5 anni il bimbo si dimostra in grado di negoziare soluzioni embrionali, prima sarà più difficilmente collaborativo. Perciò, un bimbo piccolo potrebbe respingere un messaggio articolato e complesso oppure potrebbe capirlo  solo in parte. Senza considerare che se mal posta qualsiasi comunicazione può risultare persino disorientante.

 

Quando parlate con i bambini usate frasi semplici, preferite asserzioni chiare, fate esempi comprensibili, alla sua portata e che il bimbo possa rintracciare nella sua vita quotidiana, evitata le astrazioni alle quali non è pronto.

 

Sgridare il bambino continuamente non è un atto educativo

Sgridare il bambino continuamente o imporgli lunghi elenchi di “non fare” è improduttivo, nessun divieto calato dall’alto è efficace! Senza un valido sistema di regole condivise e stabilite a monte, il bambino non avrà tempo di metabolizzare e orientare i propri comportamenti. È per questo che resta importante considerare bene il peso dei divieti.

 

Nessun bambino è un passivo esecutore degli ordini impartiti dagli adulti , al contrario i bambini sono esploratori bisognosi di sperimentare azioni e conseguenze. 

Troppi no restringono il campo d’azione del fanciullo, ne limitano il potenziale espressivo e nel lungo termine imprimono un’impronta negativa sulla sua autostima perché un bimbo che non ha potuto mettersi alla prova resta mortificato, represso, incapace di realizzare i suoi obiettivi.

 

Muovere minacce ai bambini è altamente sconsigliabile, esattamente come lo sono i ricatti 

Una comunicazione minacciosa incute timore solo fino al momento in cui il bambino non comprende che l’adulto è un “can che abbaia ma non morde”. Minacciare una punizione e non conferirla è quasi peggio della punizione stessa, lo è in termini pedagogico-educativi perché blocca la comunicazione sul piano dell’obbedienza. 

 

Se non la smetti ti picchio”, il genitore che comunica col figlio in questo modo punta alla cessazione del comportamento senza una ragionevole discussione o un confronto. Peggio ancora quando la minaccia raggiunge il bambino senza la determinazione preliminare delle regole.

Determinare le regole in condizioni di quiete, prima che si verifichi un problema o un “capriccio” è fondamentale. Solo avendo regole chiare il bambino può pian piano comprendere e assimilare l’impatto di un comportamento sbagliato o il valore di un errore. 

I bambini hanno bisogno di regole per crescere bene

E’ pacificamente ammesso dall’intera pedagogia moderna che le regole sono importanti in qualsiasi fase della crescita

Come farsi ascoltare dai bambini – Fonte immagine 123RF.com con licenza d’uso (foto realizzata con strumenti di generazione AI)
 

Se la minaccia si reitera a ogni piè sospeso il genitore perde di credibilità dando spazio al bambino per dei braccio di ferro continui: il bimbo, per naturale istinto di affermazione, cercherà costantemente di spingere il confine della tollerabilità del genitore un po’ più in avanti. Attenzione, dunque, alle minacce continue.

 

Differenza tra minaccia e ricatto

Il ricatto innesca reazioni emotive non diverse da quelle della minaccia da cui si differenzia, però, per l’incidenza che ha sul bisogno di approvazione: il bambino ricattato si sente controllato dal genitore e contemporaneamente incompreso (ovvero respinto, non accolto, invalidato). Tenete conto del fatto che i bimbi hanno bisogno dell’approvazione dei genitori per allineare e rinsaldare i mattoncini della loro crescita e del loro sviluppo emotivo. In assenza del conforto e dell’accoglienza genitoriale, i piccoli rischiano di sentirsi sbagliati, soli e persi.

 

Premi e punizioni non sono strumenti educativi

Sulla stessa scorta delle minacce e dei ricatti anche, i premi e le punizioni distolgono l’attenzione del bambino dai suoi stessi comportamenti: il ”buon comportamento” passa dall’essere un’esperienza che il bambino è chiamato ad acquisire al divenire una scelta opportunistica accolta o per sfuggire alla punizione o per ottenere il premio. In altre parole premi e punizioni forzano il comportamento del bambino.

 

I bambini minacciati, ricattati, premiati o puniti avranno in comune una incompetenza valutativa perchè (anche se in diverso modo) sarà mancata loro la possibilità di misurarsi con le circostanze, le emozioni, le persone, gli imprevisti, eccetera.

 

Cosa fare per farsi ascoltare dai bambini

I bambini hanno bisogno di un interlocutore chiaro, disponibile e deciso.

La chiarezza interessa il linguaggio verbale e quello non verbale che sono chiamati ad essere lineari, comprensibili e non equivoci né contrastanti. Un genitore non può dire a parole quello che il suo corpo sta smentendo nei fatti. Ricordate che i bimbi sono molto sensibili alla mimica facciale, alle espressioni del corpo, alla vicinanza dell’adulto di riferimento.

 

Per esempio, un genitore che avverta il peso di giocare con suo figlio non potrà nasconderlo col corpo: le espressioni facciali, la postura, la gestione fisica della relazione riusciranno ad esprimere disagio anche quando le parole asseconderanno il bambino o proveranno a mascherare la noia e la stanchezza dell’adulto.

Meglio essere sempre sinceri: “Voglio giocare con te, ma non ora perché adesso sono stanca-o”.

 
Come farsi ascoltare dai bambini – Fonte immagine 123RF.com con licenza d’uso (foto realizzata con strumenti di generazione AI)
Come farsi ascoltare dai bambini – Fonte immagine 123RF.com con licenza d’uso (foto realizzata con strumenti di generazione AI)

Per comunicare efficacemente con i bambini la scelta migliore è quella di un linguaggio assertivo

L’errore più grande che un genitore possa fare oggi è quello di rimanere in un limbo a metà tra l’educazione punitiva-coercitiva tipica degli anni 50-80 e precedenti e una educazione emotiva a cui ambisce ma di cui non riesce a delineare i confini.

Qual è il rischio di questa tensione tra modelli educativi diversi? Il pericolo è quello di cadere in un lassismo capace di rendere ogni atto genitoriale inefficace e improduttivo lasciando il genitore in uno spazio di “indecisione e immobilismo educativo”.

 

Il genitore ha il compito di impartire al figlio degli insegnamenti, non sempre comodi e confortevoli per i bambini; lavarsi i denti, le mani, andare a letto presto sono esempi di insegnamenti scomodi che pure concorrono al benessere dei figli e sono necessari. I figli posso scegliere ma esistono un confine e un ambito orientativo che in punto di definizione spettano al genitore come linea guida della crescita dei bambini.

 

Esempi di comunicazione assertiva

Caliamoci nella pratica della relazione genitore figlio e facciamo degli esempi concreti di comunicazione assertiva: se il genitore persegue l’obiettivo di mettere il bambino a dormire alle 21:00 non potrà conseguirlo convincendo il figlio con un: – Vuoi andare a letto? Dai, è tardi!  

In modo più strutturato dovrà costruire delle regole condivise che comprenderanno una routine del sonno. Stabilite regole e routine, alle 21:00 potrà rivolgere al figlio una affermazione assertiva: – Sono le 21:00 è ora di andare a letto.

 

La comunicazione assertiva non falsifica i sentimenti del bambino e non ne mortifica i bisogni, essa è parte di un sistema educativo fatto di routine e regole condivise. All’interno di questo sistema e dinnanzi alle cose determinanti per la salute personale e sociale del bambino, il genitore assertivo non manda in confusione il figlio, anzi lo orienta

 

Come farsi ascoltare dai figli: consigli per i genitori

– Ricordate che troppi punti di domanda sono disorientanti

“Vuoi andare a letto?”, per esempio, è una domanda disorientante perché non c’è bambino che preferisca il sonno alla possibilità di fare altre esperienze. L’asserzione posta come una constatazione oggettiva: “Sono le 21:00, si va a letto”, è la constatazione di uno stato di fatto che se validamente inserito in una routine con delle regole va a beneficio della famiglia e diventa un’abitudine non negoziabile.

 

Ponete domande solo quando avete il tempo per discutere col bambino delle opportunità dei suoi comportamenti.

 

Determinate le regole della vostra famiglia sempre con anticipo e con chiarezza tarandone il lessico e la “durezza” sull’età e sulla sensibilità dei vostri figli. 

 

Regole stabili ma non troppa rigidità

Ricordate che la famiglia deve essere duttile e adattativa, ogni qualvolta cambia un bisogno o un’esigenza voi come genitori dovete essere pronti a reagire positivamente anche con una modifica o una deroga alle consuete regole. La duttilità e la flessibilità rappresentano le misure adattative ai cambiamenti e agli stimoli esterni. 



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